Cammino in questo giardino da più di venticinque anni. Allora attraversavo la città sui mezzi pubblici per arrivare qui. Ora mi basta una passeggiata.
La tomba di Gregory Corso è sempre una delle mie mete. Nel suo epitaffio trovo sempre spiegato il concetto della ciclicità nel modo scarno e potente che ho
ritrovato solo nella poesia e nella religione antica, oltre che nei gesti quotidiani e negli oggetti di uso comune.
Sacrae mensae
Racconto la Morte attraverso oggetti di uso comune perché voglio guardarla come una realtà domestica.
Gli oggetti che ho formato per la prima area sono ispirati a quelli dell’uso quotidiano e del culto privato nella Roma antica, non patrizia, nelle case, lontani ancora dal pensiero astratto spirituale.
I grandi eventi venivano celebrati sulla stessa tavola dove si consumavano i pasti. La mensa domestica fu sempre sentita anche come altare.
Le divinità più care ai romani erano i Lari, “lo spirito divinizzato de’ morti antenati sentito come persistente nella casa e onorato di culto dai discendenti”. *
Ho aggiunto agli utensili d’uso comune i due oggetti con i quali i Lari venivano raffigurati, sempre in atteggiamento danzante e gioioso, nell’atto di compiere una libagione: versare da un oggetto ad un altro.; versare dal rhyton alla situla.
La rielaborazione di questi oggetti è stata la semplificazione delle forme tradizionali e l’incisione di una frase dall’epitaffio di Gregory Corso.
“Come un fiume che non ha paura di diventare mare”. Gli oggetti pronunciano la frase, versare diventa dire. Versare e servire sono azioni sia quotidiane che rituali, e sono gesti di cura.
Humida terra
Se mi curo della morte come una faccenda domestica, vedo nel campo vicino alla casa la terra che tiene nel suo grembo buio il seme, e compie la doppia opera di morte (del seme) e di nascita (del germoglio). Nella visione ciclica degli eventi questi due momenti si fondono in una fase attiva; l’inizio di un processo di trasformazione.
Corpore
Nell’ultima area il mio fare si trova di fronte alla metamorfosi in atto, incontrollata. I corpi ibridi sono puro desiderio e adesione alla bellezza del mondo. Strappano collericamente per impeto vitale, un moto verso qualcosa di completamente nuovo, che accade attraverso l’esperienza.
La circolarità tra le aree è sorretta dalla resa alla natura delle cose, al ciclo di vita-morte-vita.
Il lutto mobilita una immensa potenza di trasmutazione, è un processo ciclico di rinnovamento.
“Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo”.** Da chi non ha avuto paura di essere quel Fiume, apprendere come diventare Mare.
Questo è quello che devo restituire.
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